R.S.A.: le rette non spettano ai parenti.
R.S.A.: ennesima importante sentenza in favore dei familiari di soggetti ricoverati presso le strutture, la quale ha ribadito che i parenti dei ricoverati non sono tenuti a pagare le rette di ricovero.
La R.S.A. presso la quale era ospitata la madre aveva fatto sottoscrivere, come è consuetudine fare, il contratto di inserimento in struttura anche alla figlia in qualità di “garante” della madre.
Nel tempo, essendo mutate le condizioni economiche della figlia, quest’ultima, su suggerimento dell’avv. Giovanni Longo aveva comunicato alla struttura di voler recedere dall’impegno preso, spiegando di non essere più in grado di poter aiutare economicamente la madre.
La Struttura. non curante di tale volontà, aveva notificato un decreto ingiuntivo alla madre ed alla figlia, per un cospicuo importo per rette non pagate).
La figlia ha quindi inteso opporsi al decreto ingiuntivo.
L’avv. Giovanni Longo ha sollevato, fra le varie eccezioni, anche la questione circa il valore giuridico da attribuire all’impegno economico sottoscritto dalla figlia della ricoverata, sulla base del quale era stato poi chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, ed alla non trascurabile circostanza che la figlia avesse oramai receduto da tempo da tale impegno, non più quindi vincolante nei suoi confronti (Trib. Ferrara 13 febbraio 2012; Trib. Ferrara 6 maggio 2009 n. 1119; Corte Cass. n. 26863/08).
La R.S.A. ha resistito ritenendo la figlia ancora garante, in quanto firmataria del contratto di inserimento, a suo dire, non recedibile.
Non era in dubbio che la figlia originariamente si fosse impegnata quale “garante”, ma è stato rilevato in corso di causa come sempre la figlia avesse inviato una raccomandata con la quale aveva manifestato la sua volontà di recedere dall’impegno, essendo mutate le sue condizioni economiche, e non potendo quindi più sostenere il gravoso impegno.
L’avv. Giovanni Longo ha richiamato precedenti giurisprudenziali in senso conforme, fra cui la sent. n. 448/2016 della Corte d’Appello di Bologna con la quale era stato deciso un caso identico, sostenendo come i contratti a tempo indeterminato siano sempre revocabili, non essendo possibile né tollerabile che un impegno preso sine die non potesse esser interrotto.
In un caso consimile, la Suprema Corte ha stabilito che “Dopo l’esercizio del suddetto recesso, nulla è dovuto da parte del parente obbligato. Diversamente dalla posizione del debitore principale (la madre) che ha beneficiato della prestazione, il terzo (la figlia), infatti, non può dirsi contraente di un “contratto di assistenza e cura” in quanto non è il soggetto sul quale si sono dispiegati gli effetti del rapporto. Essa non ha goduto, appunto, né di cure né di assistenza, il che significa che ogni suo contratto con la struttura dovrà trovare una diversa qualificazione giuridica”.
La Corte si è chiesta se si sia trattato di espromissione o di promessa unilaterale di prestazione futura. Nel primo caso si instaura un rapporto diretto fra la figlia e la struttura (ossia tra terzo e creditore), autonomo e svincolato tra quello esistente tra terzo ed obbligato, a differenza del secondo caso dove le due posizioni sono collegate.
Tuttavia, in buona sostanza, sia che si tratti di espromissione, o di fideiussione, o promessa unilaterale che dir si voglia poco importa: si avrà comunque la “facoltà del recesso unilaterale, prevista ex art.1373 c.c. per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, che rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, in sintonia con i principi di buona fede nell’esecuzione del contratto”.
Ed ancora: a seguito della sentenza 16 marzo 2011, n. 1607, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha statuito che per disabili ed anziani non autosufficienti conta il reddito dell’interessato e non di tutta la famiglia.
La sentenza ottenuta, è molto importante, spiega l’avv. Giovanni Longo, in quanto ha ribadito nuovamente che se l’anziano ricoverato non è più in grado di sostenere il costo della retta della RSA con propri mezzi, i famigliari non possono essere obbligati al pagamento, e nel caso si fossero precedentemente impegnati, possono in qualunque momento recedere dall’impegno assunto.
Una “boccata d’ossigeno” dunque per tutti coloro che hannoparenti anziani ricoverati in Rsa e che si sono obbligati a pagare la retta di ricovero; inviando una raccomandata di recesso, possono finalmente sospendere i pagamenti. L’unico soggetto che deve sostenere i costi, sempre che ne abbia i mezzi, è l’anziano ricoverato, e nessun altro.
http://www.puntocomtoscana.it/12230-2/
https://www.gonews.it/2019/03/16/sindaco-nardella-ricorda-pittore/
https://www.pisatoday.it/cronaca/processo-spese-rsa-anziani-confconsumatori-pisa-marzo-2019.html
https://agenparl.eu/r-rette-anziani-nuova-vittoria-a-biella-2/
https://www.confconsumatori.it/rette-anziani-nuova-vittoria-a-biella/
http://www.designnaktion.tk/cronaca/processo-spese-rsa-anziani-confconsumatori-pisa-marzo-2019.html
http://www.adoc.trentino.it/home/index.php?option=com_content&task=view&id=3149&Itemid=1
https://agenparl.eu/r-rette-anziani-nuova-vittoria-a-biella/
https://www.intopic.it/economia/confconsumatori/
sent rsa-avv. Giovanni Longo Pisa