Il tema della responsabilità civile della P.A., nella ipotesi di danni a cose o persone derivanti dalla cattiva manutenzione delle strade pubbliche, ha formato a lungo oggetto di attenzione dottrinale e giurisprudenziale al fine di stabilire se tale responsabilità vada sussunta nella previsione generale dell’art. 2043 c.c., ovvero se possa configurarsi anche a carico della P.A. quella speciale forma di responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. che investe i danni da cose in custodia, e per la configurazione della quale si è, ormai, concordi nell’affermare che è sufficiente dimostrare l’esistenza del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno arrecato, spettando poi al custode la prova del fortuito, l’unica idonea, stando alla lettera della norma, ad escludere una sua responsabilità in merito alla causazione del fatto dannoso. Su tale questione, la giurisprudenza (cfr. Cass. Civile n. 12329/2004) ha chiarito che l’applicabilità dell’una o dell’altra norma implica, sul piano eziologico e probatorio, diversi accertamenti e coinvolge distinti temi di indagine, trattandosi di accertare, nel primo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo, dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito. Invero, l’azione proposta, relativa ad un sinistro avvenuto su strada pubblica, va ricondotta all’alveo della responsabilità ex art. 2051 c.c. Ebbene, secondo il più condivisibile orientamento giurisprudenziale, l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione. Tale responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, che può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l’uso dell’ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima, ricollegabile all’omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe (Cass. Civ. 24529/2009).
Ne consegue, sul piano della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti, che il danneggiato deve limitarsi a dimostrare l’evento dannoso ed il nesso eziologico tra detto evento e la cosa in custodia, gravando – una volta che ciò sia asseverato – una vera e propria presunzione di responsabilità a carico della P.A./custode, presunzione che quest’ultima potrà, a propria volta, superare solo fornendo la prova liberatoria che il danno cagionato derivi da caso fortuito. Il caso fortuito idoneo ad esimere da responsabilità il custode di beni demaniali va individuato, per quanto anzidetto, in base a criteri più ampi ed elastici di quelli che valgono per i beni privati, comprensivo cioè anche del fatto del terzo che abbia avuto efficacia esclusiva nella produzione del danno nonché della colpa del danneggiato (Cass. 2008/5578; Cass. 26 marzo 2002 n. 4308; Cass. 16 febbraio 2001 n. 2331): il fatto del terzo e la colpa del danneggiato, infatti, in tanto escludono la responsabilità del custode, in quanto intervengano nella determinazione dell’evento dannoso con un impulso autonomo e con i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità; e se il comportamento colposo del danneggiato non sia di per sé idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, esso peraltro può comunque integrare un concorso colposo ai sensi del primo comma dell’art. 1227 cc (richiamato dall’art. 2056 in materia di responsabilità extracontrattuale) con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l’incidenza della colpa del danneggiato (Cass. 8 maggio 2008 n. 11227; Cass. 20 febbraio 2006 n. 3651).
Tanto considerato in diritto, occorre verificare nel merito la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda. Nella fattispecie in esame, parte attrice ha posto a fondamento della dedotta responsabilità dell’ente pubblico la circostanza che l’area pedonale di proprietà del comune, costituita da un lastricato plastificato, ove si trovava mentre scendeva dalla bicicletta, presentava una buca dovuta all’assenza di una mattonella che avrebbe costituito causa efficiente della sua caduta a terra e delle conseguenti lesioni. Ebbene la suddetta ricostruzione ha trovato conferma nella dichiarazione del teste escusso, della quale non sussistono ragioni per dubitarne l’attendibilità, non solo perché indifferente alle parti e ai fatti di causa, ma soprattutto in ragione del fatto che le sue dichiarazioni trovano corrispondenza nella produzione documentale e, in particolare, nelle foto relative al luogo del sinistro e nella documentazione attestante l’accesso al pronto soccorso di parte attrice.
Ritiene questo Giudice che parte attrice abbia assolto all’onere probatorio su di essa incombente circa la sussistenza del nesso causale tra l’evento dannoso (caduta) e la buca presente nell’area percorsa. Contrariamente a quanto assunto dalla parte convenuta giova, infatti, osservare che, sebbene possa essere utili ai fini del soddisfacimento dell’onere probatorio richiesto la produzione di un verbale della polizia poiché dotato di fede privilegiata in alcune sue parti, quest’ultimo non è essenziale ben potendo parte attrice provare l’an della propria pretesa ricorrendo ad altre tipologie di prove, come appunto accaduto nel caso di specie. Tanto posto, passando ad esaminare la posizione della parte convenuta, quest’ultima quale proprietario-custode della strada in oggetto, non ha fornito, secondo i principi sopra richiamati, la prova liberatoria della ricorrenza del «caso fortuito». Il convenuto, infatti, non ha provato né che il danneggiato abbia tenuto un comportamento assolutamente anomalo né che l’anomalia della pavimentazione dell’area pedonale si sia formata improvvisamente ed imprevedibilmente. Parte convenuta ha essenzialmente sostenuto che le seguenti circostanze – presenza nel luogo del sinistro di una segnaletica indicante area pedonale con i divieti per cicli e motocicli con catene e panettoni a delimitarla e presenza di adeguata illuminazione – fossero idonee ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento, dovendo quest’ultimo addebitarsi “al comportamento del minore contrario alle norme del Codice della Strada, nonché dalla condotta colposa dei genitori che non hanno vigilato a sufficienza”. Ebbene, tali censure appaiono infondate.
Ebbene, con riferimento al caso di specie non può dirsi che l’attore sia stato negligente. Al riguardo, giova osservare che la buca era tale, per le sue obiettive caratteristiche e quelle dell’area su cui insisteva – anche documentalmente raffigurate nei rilievi fotografici prodotti – da non poter essere percepita visivamente da un passante attento e non distratto anche in ragione dell’orario in cui si è verificato il sinistro, della stagione e della stessa illuminazione pubblica. Dalle foto in atti prodotte dalla convenuta emerge, infatti, che l’area del sinistro fosse costituita da un lastricato plastificato ben intatto e, quindi, non in condizioni tali da mettere in allerta chi lo percorresse nonché un’illuminazione che, sebbene presente, appare comunque tenue. Alla stregua delle considerazioni che precedono va, quindi, affermata la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 cc. ed esclusa l’ipotesi che alla produzione dell’evento abbia contribuito il danneggiato con la propria condotta, poiché non è a lui imputabile una disattenzione idonea ad essere valutata ex art. 1227, primo comma, cc.