Iscrizione alla Cassa di previdenza è obbligatoria per chi esercita la libera professione con carattere di continuità.
Il ricorrente non ha mai esercitato attività libero professionale, avendo sempre lavorato come dipendente fino all’età della pensione.
Durante tutto il citato periodo il ricorrente è stato regolarmente iscritto alla gestione INPS per i lavoratori dipendenti, presso la quale ha sempre versato regolarmente i propri contributi.
Alcuni anni dopo il pensionamento il ricorrente è stato nominato quale C.T.U. dal Consiglio della Camera Arbitrale che doveva dirimere una controversia sorta fra due società.
Pertanto, il ricorrente decideva di accettare l’incarico e nel periodo successivo iniziava e terminava le operazioni peritali, durate complessivamente 90 giorni.
Per poter esperire il citato compito il ricorrente ha aperto una partita IVA in modo da poter fatturare quanto poi sarebbe stato liquidato per l’espletamento dell’incarico.
Contestualmente il ricorrente si iscrisse alla Gestione Separata dell’INPS, versando nel tempo la contribuzione prevista, così come stabilito dalla normativa vigente.
Non avendo le parti pagato i compensi del collegio arbitrale, il ricorrente si trovò costretto a mantenere attiva la propria partita IVA in attesa di ricevere quanto di sua spettanza.
Ciò nonostante l’INARCASSA comunicava l’iscrizione di ufficio del ricorrente alla Cassa stessa richiedendo contestualmente il pagamento della somma.
Inoltre il ricorrente spiegava come, a norma dello statuto di INARCASSA stessa, la contribuzione sarebbe dovuta in caso di “libera professione con carattere di continuità, essendo contestualmente: 1) iscritti all’Albo professionale; 2) titolari della partita I.V.A.; 3) non iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria, in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque altra attività esercitata” per cui oltre alla iscrizione alla Gestione Separata INPS doveva rilevare, in senso della non iscrivibilità del ricorrente, anche la circostanza secondo cui lo stesso non aveva svolto alcuna attività con carattere di abitualità essendosi limitato allo svolgimento di un solo incarico!
In sostanza nel caso di specie mancano i requisiti per l’iscrizione del ricorrente all’INARCASSA, sia perché lo stesso era già iscritto ad altra gestione obbligatoria ed in specie alla Gestione Separata INPS, sia perché l’aver svolto un unico incarico di breve durata non poteva integrare l’ulteriore requisito – previsto in statuto – della continuità;
Il Giudice del Lavoro ha dato ragione al ricorrente, annullando le pretese economiche.
Secondo l’art. 21 primo comma della L. 6/1981, l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità.
Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. lav. 26.1.2016, n. 1347), l’obbligo contributivo in questione sussiste laddove l’iscritto svolga attività richiedente la competenza professionale propria dell’ingegnere; in altre parole, rileverebbe il fatto che le cognizioni tecniche di cui disponga il professionista influiscano sull’esercizio dell’attività (Cass. civ. sez. lav. 26.1.2016, n. 1347).
Nella fattispecie, però, sembra condivisibile la deduzione del ricorrente che le competenze utili allo svolgimento dell’incarico di ctu da egli svolte, si riconducessero non tanto al percorso di studi, né dall’esperienza di libero professionista (mai svolta) ma semplicemente dalla sua attività di lavoratore dipendente presso aziende del settore.