Equo compenso e indennità per l’amministrarore di sostegno.

 

equo comepnso indennità a.d.s.

equo comepnso indennità a.d.s.

Equo compenso e indennità per l’amministrarore di sostegno.

L’art. 411 del cod. civ. in materia di interdizione e tutela fa implicitamente richiamo all’art. 379 del medesimo codice e detto articolo è rubricato “Gratuità della Tutela”.

 

Il principio di gratuità dell’ufficio trova fondamento nel dovere sociale di protezione degli incapaci, o in più in generale dei “soggetti deboli”, di norma collegato al legame familiare o affettivo che normalmente e preferenzialmente unisce -nella solidarietà del sangue, del matrimonio o della stabile convivenza- l’incapace ed il suo tutore, curatore, amministratore.

Lo stesso art. 408 c.c. valorizza evidentemente tale legame.

Di qui la previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 379 c.c., che offre al Giudice tutelare gli strumenti per provvedere al delicato bilanciamento di interessi contrapposti che potrebbe porre un’applicazione eccessivamente rigida del principio di gratuità dell’incarico di amministrazione, giacché quest’ultimo se, per un verso, consente di selezionare l’“offerta” del servizio di protezione, per altro verso, rischia di limitarla troppo a scapito dell’utilità del soggetto debole, scopo primario dell’intento del Legislatore.

La norma prevede quindi la gratuità dell’incarico, disponendo però la possibilità che venga riconosciuta al tutore (e, dunque, all’amministratore di sostegno) un’equa indennità, considerata:

  1. l’entità del patrimonio
  2. e la difficoltà della gestione incontrate da chi svolge l’incarico.

La giurisprudenza

Innanzitutto è da dirsi che non si tratta di un corrispettivo o di una retribuzione per l’attività svolta: sul punto concordano sia la Consulta che la Corte di Cassazione, nonostante la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (2/2012), poi superata anche dal merito.

Secondo la lettura interpretativa fornita dalla Corte costituzionale (Corte Cost. 6 dicembre 1988 n. 1073, GC 1989, I, 258) l’“equa indennità”, che a norma dell’art. 379, secondo comma, c.c., il giudice tutelare può assegnare al tutore, “considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione”, «non ha natura retributiva, ma serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore a cagione dell’attività di amministrazione del patrimonio del pupillo, alla quale l’ufficio tutelare lo obbliga personalmente senza possibilità di nominare sostituti».

Ebbene, questo porta a ritenere che si tratti di una corresponsione finalizzata a compensare il patrimonio perduto, in termini di spesa e di tempo (sottratto ad altre attività), da parte dell’amministratore di sostegno: l’indennità deve essere quindi equa, ovvero non irrisoria o minima, ma sempre tale da esser commisurata e proporzionata all’effettiva attività svolta dall’ADS.

La liquidazione dell’indennità

Il Giudice ha quindi un potere discrezionale nell’individuare l’entità di quanto è da ritenersi idoneo ad indennizzare l’ADS delle energie impiegate per svolgere la sua funzione e per il rimborso delle spese sostenute.

I protocolli

In assenza anche di strumenti giurisprudenziali omogenei, il percorso da scegliere non può che essere quello della redazione di protocolli fra i soggetti interessati:

Un primo esempio di parametro condiviso a mezzo protocollo è stato raggiunto nel circondario di La Spezia dove si è concordato con il tribunale spezzino un sistema di liquidazione proporzionato alle difficoltà incontrate ed al patrimonio della gestione.

Secondo il metodo messo a punto a La Spezia il Giudice Tutelare “deve tener conto della capienza del patrimonio del beneficiario (motivo che porta a non liquidare alcunchè in caso di carenza patrimoniale della procedura) della difficoltà della sua gestione, in termini di impegno profuso per la conservazione del patrimonio stesso, di tempo speso, di costi sostenuti“.

Anche se non serviva nemmeno richiamarlo, perchè scontato ed implicito, si precisa che l’attività dell’amministratore di sostegno deve essere valutata, ai fini della liquidazione dell’indennità, non solo in termini di gestione del patrimonio e, ove previsto, anche in termini di gestione della persona e di cura dei suoi interessi personali oltrechè patrimoniali.

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