Assegno di mantenimento: ripetibilità delle somme versate.
Assegno di mantenimento: ripetibilità delle somme versate il caso riguarda la circostanza, peraltro molto comune in un padre che in sede di separazione prima e divorzio poi, era stato obbligato a versare una quota a titolo di assegno di mantenimento per le due figlie che nelle more erano diventate maggiorenni ed economicamente autosufficienti.
La madre in forza del titolo (la sentenza) aveva chiesto i denari all’ex marito a tiolo di assegno di mantenimento, il quale si era opposto ritenendo non dovuti tali denari, chiedendo la restituzione dei denari già versati a titolo di assegno di mantenimento nel periodo in cui le figlie erano già economicamente autosufficienti.
Il Tribunale prima e la Corte di Appello poi, applicando pedissequamente la giurisprudenza costante e maggioritaria avevano rigettato le tesi restitutorie dell’assegno di mantenimento, partendo dal presupposto che tale pretesa restitutoria potesse essere accolta solo successivamente alla modifica delle condizioni di divorzio.
La Corte di Appello aveva rigettato il ricorso sulla considerazione che la domanda di restituzione per l’assegno di mantenimento “può ritenersi fondata solo nei casi di inesistenza originaria della causa giustificativa del pagamento o di sopravvenuto venir meno ma con effetto retroattivo del vincolo obbligatorio” e, tuttavia nella specie la ripetizione non era possibile perché le somme erano state versate sulla base di un valido titolo giudiziale che imponeva l’obbligo di mantenimento a carico del padre venuto meno solo a seguito del provvedimento successivamente adottato di revisione delle condizioni economiche.
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza del 13 febbraio 2020 n. 3659 2020 ha stabilito che la domanda restitutoria delle somme indebitamente corrisposte ex art. 2033 c.c. può essere accolta nelle ipotesi di inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo di pagamento (Cass. n. 18266 del 2018).
L’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni oramai indipendenti economicamente per un periodo in cui era noto il rischio restitutorio (Cass. n. 11489 del 2014).
Tale orientamento è stato preceduto dal sottoscritto avv. Giovanni Longo il quale ha ottenuto conferma di tale ragionamento presso la Corte di Appello di Firenze (ord. 1725 2019) richiamando la sentenza della Cassazione civile (sez. I, 23 Maggio 2014, n. 11489. Est. Giancola), con cui il Supremo Collegio aveva già esaminato un caso speculare, aprendo alla ripetibilità delle somme versate a titolo di mantenimento dei figli, quando i presupposti sono venuti meno.
“Nel caso in cui l’obbligo di mantenimento indiretto della prole posto a carico del genitore venga revocato con provvedimento giudiziale, l’onerato ha diritto a ripetere le somme che abbia versato dal momento in cui il titolo è venuto meno. La ritenzione non può ritenersi giustificata in ragione dei principi in tema di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle prestazioni alimentari, posto che tali principi non operano indiscriminatamente ed in virtù di teorica assimilabilità alle prestazioni alimentari dell’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni, ma implicano che in concreto gli importi riscossi per questo titolo abbiano assunto o comunque abbiano potuto assumere analoga funzione alimentare”.
Al riguardo il Tribunale Savona (sent. 01-03-2018) ha correttamente evidenziato come le somme versate a titolo di mantenimento, sia in favore del coniuge che dei figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti, non sono ripetibili, nel caso in cui il provvedimento di assegnazione del contributo sia in seguito revocato o modificato. A tale risultato si è giunti attraverso una sostanziale equiparazione tra prestazione di alimenti e di mantenimento. Tale conclusione è stata giustificata ipotizzando una presunzione di pressoché istantanea utilizzazione degli alimenti, destinati per loro natura ad essere consumati rapidamente, con conseguente assenza in capo al beneficiario del dovere di accantonarne una certa quantità in previsione di un eventuale provvedimento di modifica o di revoca. Tuttavia, ciò vale, esclusivamente, per quelle somme destinate ad una concreta funzione alimentare. Il principio di irripetibilità resta, quindi, limitato a prestazioni dirette ad assicurare unicamente, per la loro misura e le condizioni economiche del percipiente, i mezzi necessari per fare fronte alle esigenze essenziali di vita.
Laddove tale funzione alimentare non sussista, il principio della irripetibilità non ha più ragione di esistere. In questo senso, si veda Cass. 11489/14 (relativo ad una domanda di ripetizione proposta nei confronti di figli maggiorenne ed autosufficienti; in questo caso, la S.C. ha escluso che l’assegno avesse funzione alimentare nel caso in cui il contributo risulti destinato a favore di chi abbia già raggiunto una posizione di indipendenza economica e non necessiti più del sostentamento assicurato dal genitore ed ha, quindi, accolto la domanda di restituzione proposta dal genitore obbligato) o Cass. 2182/09 (in cui una parte è stata condannata a restituire le somme percepite, grazie alla sentenza di primo grado, a titolo di assegno divorzile, in misura superiore a quella determinata in sede di appello, considerando la natura non alimentare delle somme suddette alla luce della consistente entità dell’assegno). Il principio in esame è stato ribadito poi in motivazione da Cass. n. 6864/09.
La Corte di Appello con riferimento alla domanda di ripetizione del contributo avanzata dal reclamante, ha stabilito che, costituiscono fatti pacifici in atti che il sig. XXX versava € YYY alla ex convivente per il mantenimento di ambedue i figli che con quest’ultima convivevano; che dall’agosto 2018 il figlio ZZZ andava a coabitare con il padre; che la sig.ra , tuttavia continuava a percepire la somma suddetta, per il mantenimento di entrambi, in quanto versata direttamente dal datore di lavoro del sig. XXX; che il Tribunale revocava ogni contributo per ZZZ e fissava in € = il contributo per l’altro figlio, JJJ, che continuava a convivere con la madre. Non è dubbio, come costantemente affermato anche dalla Suprema Corte, che il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione (cfr., da ultimo, Cassazione civile, Sezione VI-1, Ordinanza 24.10.2017 n. 25166; ib., 04.07.2016 n. 13609). Tale principio è tuttavia da contemperarsi con le ordinarie regole in materia di indebito: se difatti, nel caso di specie il principio della sostanziale irripetibilità deve essere applicato in riferimento alla quota parte di contributo che la sig.ra __ riceveva per JJJ che con lei continuava a convivere, non altrettanto deve dirsi per la quota parte riferibile all’altro figlio in quanto il fatto storico dell’allontanamento dall’abitazione materna faceva venir meno, a monte, ogni diritto della madre ad ottenere il contributo il cui persistente versamento, lungi dal mantenere la natura alimentare, iniziava ad assumere piuttosto i connotati di indebito oggettivo. Pertanto, limitatamente a tale quota, da considerarsi presuntivamente pari alla metà del totale, la domanda di ripetizione a far data dal mese dell’allontanamento del ragazzo (agosto 2018) è da accogliere. Ne consegue che la reclamata deve essere condannata alla restituzione della somma di € __= (€ __:2) per mese a far data dall’agosto 2018 oltre interessi nella misura legale dalla stessa data fino al saldo.