ASSISTENZA SANITARIA GRATUITA IN R.S.A. PER I MALATI DI ALZHEIMER
Nel caso di malati di Alzheimer, le rette di ricovero presso strutture sanitarie pubbliche, enti pubblici o case di cura convenzionate non devono essere sostenute dal paziente o dai loro parenti.
Ma si tratta di spese che devono essere poste a carico esclusivo del Servizio Sanitario Nazionale o Regionale
Retta R.S.A.: i costi per prestazioni che hanno una prevalenza sanitaria rispetto a quella assistenziale devono essere sostenuti dal sistema sanitario nazionale.
Lo ha stabilito il tribunale di Lucca che ha ordinato all’Asl Toscana nord ovest di restituire ad una famiglia i denari che aveva pagato come retta per un anno di cure e assistenza presso una nota Rsa
Anche il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 1153/2020, pubblicata il 15.9.2020, si aggiunge alla nutrita schiera di Giudici di merito che hanno accolto le domande proposte dai malati cronici o loro congiunti per ottenere la revoca delle ingiunzioni o il rigetto delle domande proposte dalle RSA nei loro confronti per ottenere il pagamento di una quota delle rette di ricovero.
Il Tribunale ha accolto le domande dell’opponente, osservando anzitutto che “le prestazioni rese ai soggetti affetti da patologia di Alzheimer, in grave stato di avanzamento e quelle che attengono prevalentemente alle aree anziani (inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative), disabili, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, rientrano” fra quelle “socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria” totalmente a carico del Fondo sanitario nazionale, a norma del d. P.C.M. 14.2.2001.
Ciò in quanto “la mancanza di un continuo e assiduo monitoraggio sanitario metterebbe a rischio le condizioni di vita e di sopravvivenza del paziente”.
La conseguenza è che “se l’ammalato è ricoverato per patologie del genere sopra indicato con prevalente componente sanitaria nulla è dovuto dall’utenza in quanto non può dirsi sussistente alcuna componente sociale della retta”.
e, quindi, gli “accordi o impegnative” che solitamente “le strutture sottopongono alla firma di utenti e parenti” per ottenere che si obblighino “al pagamento delle quote di ricovero in rsa” sono nulli “perché contrari a norme imperative”, come stabilito, fra l’altro, da cass. civ. n. 2276/2016, (per la quale “nel caso in cui, oltre alle prestazioni socio assistenziali, siano erogate prestazioni sanitarie, l’attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del servizio sanitario nazionale”).
Anche il Tribunale di Firenze, con una Sentenza del 15 febbraio 2023, ha stabilito che la persona con Alzheimer ricoverata in una residenza sanitaria assistita (RSA) non è tenuta a pagare la retta nella circostanza in cui le prestazioni fornite siano “ad elevata integrazione sanitaria”. Nella sostanza il Tribunale ha accolto il ricorso ed ha condannato l’Azienda Usl Toscana Centro e l’RSA, per quanto di competenza di ciascuna, alla restituzione delle somme indebitamente riscosse.
Infine la Cassazione civile, sez. I, 22 Febbraio 2024, n. 4752 ha stabilito che “Non rileva, quindi, la prevalenza delle prestazioni sanitarie o di quelle socio-assistenziali, essendo anche queste a carico del SSN, poiché strumentali a quelle sanitarie; dunque nessun contributo può essere posto a carico del paziente, in via contrattuale, per siffatte prestazioni che restano tutte a carico del SSN”