R.S.A.: i famigliari degli anziani ricoverati presso una casa di riposo non sono tenuti a corrispondere la retta nel caso in cui il paziente si trovi nelle condizioni di non poterla più pagare.
A stabilirlo è stata una recente sentenza della Cassazione, chiamata a decidere sulle spese di degenza nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) di un paziente affetto dal morbo di Alzheimer. La Suprema Corte ha sancito che la retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale e, per questo, il Comune non può rivalersi sui parenti dell’assistito per il pagamento della quota sociale.
Prima della sentenza, i Comuni imponevano ai figli o ai nipoti la sottoscrizione di un documento in cui era contenuto l’obbligo di versare la retta in eventuale sostituzione del genitore o del nonno, intimando che, diversamente, non ci sarebbe stata alcuna possibilità di ricovero. «Questa prassi è molto frequente, nonostante in più occasioni la giurisprudenza di merito abbia stabilito che i Comuni non possono pretendere che i famigliari degli anziani provvedano al pagamento delle rette per il ricovero», spiega l’avvocato Giovanni Longo, legale e consulente esterno della sezione Confconsumatori di Pisa. «Nonostante questo, i parenti hanno sempre continuato a pagare, magari per la paura di vedersi “rispedire” il parente a casa».
La sentenza della Cassazione è stata pronunciata per il caso specifico di un malato affetto dal morbo di Alzheimer, ma per analogia può essere estesa anche ai soggetti con handicap grave e agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti. «Già numerosi Tribunali si erano espressi al riguardo, ad esempio il Tribunale di Parma in data 17 gennaio 2011 con la sentenza numero 46, e quello di Ferrara nella sentenza 1119 del 6 maggio 2009», ricorda Longo. La stessa legge quadro 328/2000 fornisce tutte le indicazioni per promuovere interventi sociali, assistenziali e socio-sanitari che garantiscano un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà, assicurando la qualità di vita, la prevenzione, la riduzione e l’eliminazione delle disabilità, del disagio personale e famigliare. «La legge è chiarissima nell’escludere che i c.d. “obbligati per legge”, cioè i parenti fino al quarto grado, siano tenuti al pagamento delle rette a carico dei loro congiunti con handicap gravi o ultrasessantacinquenni non autosufficienti, che vivono nelle Residenze Sanitarie Assistenziali».
In questo senso, si sono già espressi – oltre ai Comuni di Milano e Torino con apposite deliberazioni – anche il TAR della Regione Sicilia, quello della Toscana e quello della Lombardia, a cui si è adeguato quello delle Marche in una sentenza relativa a una persona con handicap grave, ma applicabile, trattandosi della medesima legge, anche gli anziani. «Quindi anche la giurisprudenza, quella che fino a oggi si è pronunciata sulla nuova normativa, è univoca nell’affermare che solo l’anziano, come le persone con handicap gravi, è tenuto al versamento delle somme dovute a titolo di retta».
Come possono fare i parenti per sottrarsi al pagamento? «Per porre definitivamente rimedio, potranno semplicemente inviare una lettera di disdetta, non potendo gli enti pubblici invocare le norme di cui agli artt. 433 e segg. c.c. E non temano i figli e i nipoti degli anziani di farlo, anche se il parente anziano è ricoverato da molto tempo: servirà a non pagare più per il futuro, senza che ci si debba preoccupare che il genitore o il nonno venga rimandato a casa, costituendo la relativa attività un compito a cui gli enti pubblici territoriali sono tenuti per legge».
A quel punto, il Comune non potrà imporre al parente di farsi carico della retta sulla base delle norme civilistiche, perché le disposizioni in materia sono di cristallina chiarezza nell’escludere questa possibilità. «Non è escluso che successivamente il Comune chieda il pagamento con un decreto ingiuntivo; ma sappiano gli amministratori locali che la Cassazione ha definitivamente negato tale possibilità e che quindi commetterebbero un atto conta jus».