La Corte di Cassazione, con sentenza 50/17 ha dichiarato che l’insulto scritto sulla pagina Facebook integra gli estremi di una diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3 c.p.
Questo perché in teoria il messaggio inserito su un social network può essere letto da una molteplicità di soggetti e raggiungere un numero imprecisato di persone.
Addirittura, il delitto di diffamazione si configurerebbe già come corredato di un’aggravante, costituita dalla pubblicità del mezzo di diffusione utilizzato. In questo contesto, la reputazione della persona offesa è altamente lesa, se si considera che “la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica” è “quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante” – Cass. n. 24431/2015 (in senso conforme la Cassazione ha ritenuto sussistente l’aggravante persino in caso di diffamazione a mezzo fax con sent. n. 6081/2015 e posta elettronica con pluralità di destinatari con sent. n. 29221/2011).