Ulteriore ed ennesima conferma di quanto da anni sostenuto nella battaglia che vuole che sia riconosciuto il diritto dei familiari di un paziente ricoverato presso una residenza sanitaria assistenziale, di non dover pagare la retta per il parente, è stato nuovamente confermato dalla Prima Sezione della Corte di Appello di Bologna con la sentenza n. 448/2016 del 15.3.16.
E’ oramai pacifico come il pagamento della retta debba essere per il 50% a carico del servizio sanitario nazionale ed il restante 50% a carico del Comune con compartecipazione dell’utente.
Già la sentenza 16 marzo 2011, n. 1607 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha statuito che per disabili ed anziani non autosufficienti conta il reddito dell’interessato e non di tutta la famiglia.
Ma capita spesso che le strutture, per permettere l’entrata del parente, facciano firmare pesanti impegni economici anche ai familiari, i quali per compulsum accettano supinamente tali condizioni capestro.
Ancora una volta è stato affermato il principio che basterà una successiva lettera di recesso per svincolare il familiare dall’obbligo di versare la retta al posto del famigliare disabile o anziano ricoverato.
La Corte di Appello di Bologna ha sentenziato che “Sia in ipotesi di qualificazione come contratto di espromissione che, più correttamente, di promessa unilaterale di pagamento di prestazione futura è in ogni caso, trattandosi di rapporto di durata a tempo indeterminato, riconosciuta la facoltà di recedere unilateralmente, ex art. 1373 c.c.”.
Ed i parenti possono stare tranquilli, in quanto una volta spedita la lettera di recesso dall’impegno economico, le strutture anche se minacciano di “mandare a casa il parente”, non possono farlo, in quanto commetterebbero il reato di abbandono di persone minori o incapaci, sanzionato ex articolo 591 codice penale.